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Isravele: l'ultimo eremita di Palermo
Dice che è stato Dio, apparsogli in sogno, a suggerirgli di edificare un luogo per salvare le anime a Palermo. L'uomo dal 1997 è il guardiano del semaforo di Monte Gallo
In piedi su un muretto a secco, con una recinzione di fortuna che ci separa dal vuoto, guardiamo una barca solcare il mare. A pochi metri da noi la montagna precipita per circa seicento metri nel blu di Capo Gallo. Isravele è dal 1997 il guardiano in pectore del semaforo di Monte Gallo: un vecchio edificio borbonico in rovina che quest’uomo ha lentamente recuperato.
Camminiamo osservando le opere di canalizzazione e raccolta delle acque che ha realizzato per conservare l’acqua piovana, le aiuole dove cerca di coltivare qualche ortaggio, i lunghi muretti a secco con cui ha disegnato sinuosi sentieri nella pineta. Proseguiamo verso l’edificio. La porta d’ingresso, coloratissima, è incastonata in una densa rete di mosaici realizzati con tegole spezzate, vetro e ceramica che disegnano angeli, stelle e motivi floreali.
«Un giorno Dio mi apparve in sogno, indicandomi un luogo preciso dove creare un Santuario per salvare le anime. Questo luogo è qui».
rimango stupefatto dalla quantità di mosaici realizzati; non c’è un solo centimetro quadro di muratura lasciato esposto. Muri, tetti, finestre, tutto è ricoperto da mosaici realizzati con conchiglie, pezzi di terracotta, ceramiche e vetri che disegnano motivi floreali, cuori, simboli religiosi, giganteschi mandala.
Il sito è ovviamente diventato meta di pellegrinaggio da parte di turisti e curiosi, una pressione sempre crescente che Isravele sembra in parte non gradire più. «Le persone vengono qui soltanto per scattare fotografie, senza curarsi del significato del mio lavoro e dell’ascesa a questo luogo». Il sentiero di accesso, che parte dalle falde di Monte Gallo ed arriva in cima, è stato da lui ribattezzato "la Via Santa": un percorso di circa 2 km impreziosito con piccoli mosaici, pecorelle, e altri simboli religiosi, che porta il visitatore ad "elevarsi" ("elevarsi" è anche il nome scelto da Nino, letto al contrario) non solo di quota ma anche spiritualmente.
«Salire fin quassù significa compiere un cammino di elevazione spirituale
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